Sunday, April 02, 2006

se lo dice lui

"Un disco per la primavera. Per la stagione della vita che si porta ogni altra. Un disco per provare la paura, la paura carnale, guidare e avanzare senza sapere cosa sarà di te... perché non si sa cosa veramente si è mentre si brucia... si è smesso di essere legna ma non si è ancora cenere. Questo è stato l'unico disco a cui sono stato davvero contemporaneo. L'unico, tra le migliaia che riproducono vicende, ere, uomini lontani, la cui fiamma mi ha bruciato da vicino.
Era la primavera del '95... questo disco una volta infilato nello stereo di un'auto non poteva lasciare la tua vita com'era prima... era quella famosa luce, quei bagliori che si fanno intravedere all'alba, nell'ebbrezza, e lasciano orfani dopo, esattamente come ci ha lasciati orfani Buckley... in un affresco neo romantico, da poema di Keats... anzi no... classico addirittura... come la morte di Achille, Buckley era del resto una divinità bruciante. Innamorava chi lo vedeva, dunque circolavano per l'Europa schiere di innamorati, bruciati di prima mano. Quando lo vidi sul palco dava davvero l'idea di bruciare, la musica era il rito costruito attorno per arrivare a bruciare un'altra volta... non a caso ha intervistato Nusrat, c'era qualcosa di altrettanto mistico. Mai titolo più appropriato per un disco... la Grazia è scesa su di noi."

(Vinicio Capossela, a proposito di "Grace")

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