Tuesday, June 09, 2009

La prima volta

“Sì, signora, c’è un registro per le elettrici e uno per gli elettori. Perché? Una semplice questione organizzativa. Vede, noi siamo in quattro, ci sono tre cabine e quattro elenchi da riempire, così si fa prima: le donne di qua e gli uomini di là. No che non c’è anche un’urna separata. Le schede vanno tutte insieme, naturalmente. Lei è registrata in questa sezione, i documenti sono a posto. La cabina numero uno è libera, si accomodi pure. La tessera gliela ridiamo all’uscita. Si figuri.”

La prima volta è piuttosto esaltante. L’idea di essere un ingranaggio essenziale al funzionamento della democrazia dura addirittura qualche minuto, annullando la stanchezza di un’intera mattinata a firmare milleottocento schede sotto gli occhi di aspiranti sostituti scrutatori che vogliono vederti schiattare per prendere il tuo posto e centosettanta euro per tre giorni di lavoro senza dormire né mangiare.

Arrivare alle tre meno un quarto e trovare una piccola fila davanti alla porta chiusa nonostante il weekend e la calura pomeridiana elettrizza e commuove al tempo stesso. Questa gente è qui per votare, ha urgenza di dire la sua, è stufa e si vede. Gli scappa da votare, insomma! E forse il nome che scriveranno non è quello di un totale stronzo! Ma questo non è affar tuo. Tu sei qui per servire. Servi, allora.


“Un lenzuolo? Ha ha ha, certo, ha proprio ragione, la scheda per le comunali è davvero grande. Beh, ci si mette un po’ a ripiegarla ma è per le persone anziane...ci sono ventuno liste, non è facilissimo. Ecco a lei la tessera elettorale timbrata. Arrivederci. Il prossimo.” Pronunciata con finto stupore o a corredo di una grassa auto-risata, la battuta del lenzuolo l’avrò sentita cinquecento volte, e non faceva ridere neanche la prima. La cosa tragicamente vera è che serve a contenere i simboli di tutte le liste accanto ai quali va scritto il nome di uno tra gli ottocento candidati. Se li ho contati? Di più, li ho trascritti uno per uno sui verbali. Due volte. Pregiudicati, tossici, ex compagni di scuola, è sorprendente quanti brutti individui non abbiano ancora perso il diritto all’elettorato passivo.


“Ma no, nessuna discriminazione, ci mancherebbe. Semplice comodità. Potrebbe lasciare il cellulare sul tavolo? Come quale, quello che sta suonando. No che non può rispondere qui. No che non può uscire, è già stata registrata al voto. Vada a votare e poi risponda. Io scrivo sul registro che ha lasciato fuori il cellulare. Sì, c’è un registro per i cellulari, ce ne sono due. Per le donne e per gli uomini. Ma no che non è discriminazione, è per... già, a che serve un doppio registro per i telefonini?”


E’ davvero meschino insinuare che ci si candidi per un tornaconto personale. Una simile genuina partecipazione non può non significare una cosa: c’è chi ha voglia di darsi da fare, non più delegando ai politicanti ma in prima persona, rimboccandosi le maniche e lottando fino all’ultimo voto! In Italia si può! Non siamo in un regime. Certo, i partiti sono ancora importanti ma devono tornare a essere dei contenitori. Luoghi di incontro di idee, valori, passione, progettualità. Ma anche identità e appartenenze forti. I candidati alle europee per la Lega Nord sono di Bari, Torre del Greco, Napoli, Catanzaro. Quelli della lista Pensionati per l’Irpinia sono nati quasi tutti dopo il 1970 (Pietro Piantedosi, classe 1984, sei il mio idolo). Vedrete, non vinceranno i soliti nomi. Stavolta no.


“Come, non lo sapeva? Voi donne votate solo per finta, come sono finte le quote rosa, i lavori che fate e i soldi che guadagnate. Ora si sbrighi, ché l’aspirapolvere non si passa da solo. Il prossimo.”


(continua?)

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